Se i cani fossero banditi dalla nostra società?
L’isola dei cani di Wes Anderson
Nel 2037, in un Giappone distopico, il governatore Kobayashi decreta il bando di tutti i cani a causa di un'epidemia di febbre virale che minaccia l'uomo. Tutti i cani, da quelli domestici e coccolati a quelli randagi, vengono esiliati sull’Isola della Spazzatura, una landa post-apocalittica e abbandonata. In questa desolata isola, un gruppo di cani, tra cui il randagio Capo, si trovano a vivere in condizioni dure, lontani dalle loro comode vite precedenti fatte di pasti equilibrati, attività sportive e trattamenti di bellezza. Atari, il giovane nipote del tirannico governatore, perde il suo amato cane da guardia, Spots, a causa di questo decreto. Determinato a ritrovarlo, Atari si avventura sull’isola con un piccolo aeroplano. Una volta lì, viene aiutato da un gruppo di cani guidati dal solitario Capo. Capo, nonostante la sua natura randagia e il distacco emotivo, si avvicina sempre di più al gruppo e ad Atari, dimostrando che anche i più emarginati possono trovare un senso di appartenenza.
L'isola dei cani di Wes Anderson è una storia di emarginazione, insabbiamento politico e reietti. I dialoghi tra i cani, in particolare tra Capo e gli altri cani di rango borghese, offrono momenti di grande ironia e riflessione: vediamo i cani domestici, abituati a vite lussuose, adattarsi alle dure realtà della loro nuova esistenza, mentre Capo, un randagio indurito dalla vita, emerge come un improbabile leader e protettore. Anderson utilizza la tecnica dello stop motion per portare questa storia alla vita, confermando la sua maestria nel controllo estetico e nella cura dei dettagli.
Il film di animazione è più di una semplice favola morale: è una riflessione sulle dinamiche di esclusione e discriminazione e sull'importanza del legame tra uomo e animale. La storia ci insegna che i crimini contro l'umanità, la natura e gli animali spesso non fanno differenze, e che l'empatia e il rispetto sono fondamentali. La relazione tra Atari e Capo rappresenta due poli opposti: Atari incarna il perdono e la riconciliazione, mentre Capo rappresenta memoria e identità. Questa dicotomia culmina in una risoluzione che punta il dito contro l'egoismo umano, invitando gli spettatori a riflettere sulla responsabilità verso tutti gli esseri viventi. Un’opera del maestro che non solo intrattiene, ma stimola una riflessione profonda sulle nostre azioni e sulle conseguenze che hanno sul mondo.